In questo tempo sospeso ci siamo spaventati, a volte abbiamo pensato di arrenderci, altre ci siamo sostenuti e abbiamo ritrovato la forza, quella di guardarci dentro e pensare.
Abbiamo abbandonato la speranza che “andasse tutto bene” perché piano piano le nostre certezze si sgretolavano sotto ai nostri stessi piedi. Abbiamo trovato una forza ben più
potente della speranza: la consapevolezza che ci saremmo dovuti ricostruire pezzo dopo pezzo da soli. Abbiamo pensato a come reinventarci, a come ripartire. Ogni giorno ci siamo domandati quando, come e se, tutto sarebbe tornato come prima e mentre lo facevamo ci stavamo rimboccando le maniche plasmandoci a questo cambiamento. Abbiamo così assaggiato gli effetti incredibili della collaborazione e del sostegno reciproco, dimostrando una grande umanità ed un rispetto verso il prossimo, unici.
La mia città è stata il Simbolo di questo momento. E’ stata ancora una volta, grande motivo di orgoglio. E’ la città in cui voglio continuare a vivere e crescere i miei figli. E sì, voglio che crescano con il nostro tradizionale spirito instancabile che tanti deridono. Sì perché non si tratta solo di “lavorare come muli”. La nostra propensione a spaccarci la schiena e non piangerci addosso è riflessa in ogni aspetto della nostra vita. E’ grazie a quella che in momenti come questi anziché chinare la testa, noi si china la schiena.
Si pensa a “cosa si deve fare” qui e ora e non a “cosa si poteva fare”.
Quindi Italia, prendi esempio. Abbraccio la mia Adorata Bergamo, certa che qualsiasi
cosa accada di qui in avanti, noi ci sosterremo e ce la faremo e se qualcosa andasse storto, non sarà certo perché non ci abbiamo creduto abbastanza! Ora più che mai, mettiamoci tutta la nostra passione e non molliamo.